1945-2025. 25 Aprile

Ottant’anni. Il tempo trascorso dall’esplosione di gioia per aver allontanato il Male espressosi nell’ideologia e nella pratica nazifascista a oggi non è stato un tempo ben speso.

Lo spirito di Hitler non è stato vinto, è stato assorbito lento lento dal nuovo volto del Potere, per riproporsi in giacca, cravatta e modi gentili.

Perché il Potere non è mai buono, è violento anche nella pacatezza, è minaccioso anche nell’eloquenza elegante.

La Liberazione è una contesa tutta europea, è nell’evoluzione del nostro pensiero che ha preso forma l’ideologia fascista e nazionalsocialista. Non in Oriente, non in Africa, non lungo le Ande, ma qui, nell’Europa della Rivoluzione industriale, delle scoperte scientifiche, delle disuguaglianze sociali che cercavano riscatto.

La Liberazione è un percorso che non si è concluso, all’inizio, nel pieno dell’euforia ci siamo dati politicamente un testo che è espressione di quella stagione e della sofferenza patita per l’illusione a cui molti avevano abboccato nei toni trascinanti che evocavano il ritorno ai fasti dell’Impero romano, alla bellezza della guerra, alla necessità sanguinaria di seminare morte tra i nemici per ammantarsi di gloria, del naturale destino di comandare sugli altri popoli; quel testo che chiamiamo Costituzione è il parto della Liberazione. A scuola mi avevano spiegato che per capire un popolo andava letta la Costituzione di quel popolo, era la loro fotografia. È falso. Almeno lo è per la Costituzione italiana. In ogni articolo troverete nei fatti delle contraddizioni, il Potere è anticostituzionale, a cominciare dal lavoro sottopagato e precario che dilaga, alla mala distribuzione della ricchezza, alla sanità mal gestita, alla scuola precarizzata, ai tentativi di controllare la Magistratura, al ripudio della guerra. La Costituzione non è la fotografia di un popolo, le anime eterogenee che l’hanno scritta lo sapevano bene che non dovevano commettere quest’errore, ma è una proiezione, un divenire, un impegno quotidiano a cui dobbiamo tendere per vivere la libertà, la partecipazione, la fratellanza.

E invece stanno prendendo piede le insidie e non mi riferisco all’evidente gestione di un governo che si sente pronipote di quei tempi bui spazzati via dalla Liberazione e ne invoca se non una riabilitazione, almeno uno sguardo indulgente, penso a come si è involuto il Potere da dopo il crollo dell’URSS. Non ci sono alibi, a lavorare perché il vero Potere potesse avere mano libera, ovvero il Capitalismo, hanno contribuito i governi di centrosinistra e centrodestra indifferentemente. La svendita dell’industria italiana è stata opera del centrosinistra, così come la difesa della televisione commerciale come strumento di distrazione delle masse è stata avvalorata, i conflitti di interesse, lo sdoganamento della guerra come azione preventiva (di fatto è stata avvallata la sudditanza al Paese capitalista per eccellenza, gli Stati Uniti), quelli di centrodestra lo hanno continuato, era nel loro DNA.

Ottant’anni sono tanti, potevamo crescere nella consapevolezza di essere un popolo e che la felicità non è un bene commerciale, ma una forza condivisa; dal nostro cattolicesimo avremmo dovuto capire e realizzare una società attenta alla vedova, all’orfano, al carcerato e allo straniero; dal socialismo avremmo dovuto fare nostra la giustizia sociale, lavorando perché nessuno restasse indietro; dal liberalismo avremmo dovuto fare la libertà, ovvero espressione di idee e azione nel rispetto dell’umano.

Ci siamo persi per strada e ne ha approfittato il Capitale che ha di fatto cancellato i confini per la circolazione del denaro, ha impoverito i lavoratori dipendenti, ha impedito ai poveri di inseguire un sogno, domina il mondo con le armi, si è insinuato nelle grandi potenze comuniste, fa affari e si spartisce il mondo (il grande sogno di Hitler si sta concretizzando, in doppio petto).

Ottant’anni sotto attacco, ma in molte latitudini possiamo sentire ancora, tra gli ultimi, tra chi resiste, tra le macerie di città distrutte quel canto che irrita la nostra Destra:

«Una mattina mi son svegliato,
oh bella, ciao! Bella, ciao! Bella, ciao, ciao, ciao!»

La Liberazione parte da questo Paese e si diffonde nel mondo che resiste. Dovremmo esserne orgogliosi, dovremmo difendere con i denti questa giornata, dovremmo fermarci e meditarci. Ecco riflettiamoci e rispecchiamoci negli occhi di quelle donne e quegli uomini che scendevano dai monti e entravano in città al grido di «Libertà!». Quel mondo è tutto da costruire.

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